Conoscere i propri diritti è essenziale per navigare nel mondo della fiscalità e garantire una gestione serena delle proprie finanze.
La dichiarazione dei redditi è un momento cruciale per ogni contribuente, ma spesso è accompagnata da ansie e preoccupazioni riguardo a eventuali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate. È importante sapere che esistono termini di scadenza entro i quali il Fisco può esercitare il proprio potere di accertamento. Questi limiti temporali sono stabiliti dalla normativa fiscale e determinano la durata del potere di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Superati tali termini, il contribuente può considerarsi al sicuro da eventuali richieste di pagamento per irregolarità nella dichiarazione.
Secondo l’articolo 43 del DPR 600/1973, l’Agenzia delle Entrate ha cinque anni per effettuare controlli sulle dichiarazioni presentate in tempo utile. Questo significa che, per le dichiarazioni dei redditi del 2023, presentate nel 2024, l’Agenzia avrà tempo fino al 31 dicembre 2029 per contestare eventuali errori o omissioni. Se il contribuente non ha presentato alcuna dichiarazione, il termine si allunga fino a sette anni, ovvero fino al 31 dicembre 2031.
Scadenze e proroghe: attenzione ai dettagli
Nel contesto attuale, è fondamentale prestare attenzione alle scadenze per non incorrere in problemi futuri. Per esempio, le dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2018, presentate nel 2019, hanno come termine di accertamento il 31 dicembre 2024. Tuttavia, a causa della proroga di 84 giorni introdotta durante l’emergenza Covid-19, questo termine si sposta al 26 marzo 2025. Questo è un aspetto cruciale da considerare, poiché la proroga si applica alle annualità che rientrano nel periodo emergenziale.
Ma cosa succede se non si presenta la dichiarazione? In questo caso, il termine di accertamento è più lungo, come già accennato. Per esempio, per l’annualità 2016, il termine ordinario sarebbe scaduto il 31 dicembre 2023, ma con la proroga, si estende fino al 26 marzo 2027. Questo significa che il contribuente deve mantenere la documentazione fiscale per un periodo più lungo, in caso di eventuali richieste da parte del Fisco.
Un altro punto importante riguarda la questione delle cartelle esattoriali. Anche queste hanno scadenze specifiche, oltre le quali non possono più essere considerate valide. In genere, le cartelle esattoriali hanno un termine di decadenza di cinque anni. Se ci sono state proroghe o sospensioni, come quelle dovute all’emergenza Covid-19, i termini possono subire delle variazioni.
La questione dell’applicabilità della proroga di 84 giorni ha generato discussioni e interpretazioni divergenti nella giurisprudenza tributaria. Alcune sentenze hanno stabilito che la proroga non può essere applicata alle annualità successive al 2020, mentre altre hanno ritenuto che gli effetti dell’emergenza pandemica si protraggano anche oltre. Questa situazione crea confusione tra i contribuenti, che si trovano a dover navigare in un panorama normativo complesso.
Per illustrare meglio la situazione, è utile fare riferimento a diverse sentenze emesse dai Tribunali. Ad esempio, la Corte di Giustizia Tributaria di Torino ha stabilito che la proroga di 85 giorni non si applica in modo generalizzato alle annualità successive al 2020. Al contrario, la Corte di Taranto ha ritenuto legittima l’applicazione della proroga anche per le annualità successive, considerandola un effetto dell’emergenza sanitaria. Queste divergenze di opinione dimostrano quanto sia importante per i contribuenti rimanere informati e consultare professionisti esperti nel settore fiscale.